Recensione di www.kronic.it: La caratteristica principale degli album di Axel Rudi Pell è senz’altro quella di essere strutturalmente indentici fra di loro, aperti da una track speed metal a cui segue un mid tempo a là Rainbow, con una delicata ballad a metà album e chiusi da una lunga composizone di sano epic metal. “Mystica” cambia sensibilmente le carte in tavola: inanzitutto è privilegiata la componente melodica e più tipicamente hard rock rispetto all’anima metallica del biondo chitarrista teutonico; in secondo luogo, sono più o meno bandite le fast songs a favore di tempi più cadenzati e dal sapore ‘blackmoriano’.
Nonostante queste novità (si fa per dire), “Mystica” non decolla per vari motivi. Per prima cosa le composizioni hanno perso decisamente mordente (la più aggressiva è praticamente l’opener “Fly to the moon” che però prende a piene mani da “Burn” dei Deep Purple” piuttosto che dal repertorio di Malmsteen come avveniva di solito) e, contemporaneamente, la formula ‘easy listening’ spesso banalizza la struttura portante delle canzoni con partiture piuttosto scontate. La produzione, poi, non appare all’altezza di quella degli album precedenti, con la batteria di Mike Terrana (necessariamente sotto tono visti i tempi generali delle canzoni) a farne le maggiori spese. Anche la voce di Johnny Gioeli spesso risulta fin troppo aggressiva per brani che avrebbero beneficiato di un cantato più pulito e meglio impostato.
Al di là di ciò, ritroviamo comunque le classiche luci ed ombre tipiche degli album di Pell, con momenti piuttosto soddisfacenti, come accade nella title-track e nella conclusiva “The curse of the damned” (la canzone epica che chiude l’album è ormai una tradizione irribnunciabile per il buon Axel), alternati a sconcertanti episodi da dimenticare come l’orripilante strumentale “Hunted castle serenade” o la scontatissima “Losing the game”. Qualche segnale di cambiamento c’è stato, dunque, ma il risultato finale mostra ancora il fianco a critiche in buona parte giustificate. |